lunedì 23 maggio 2016

Intervista alla nostra Dirigente, Paola Di Renzo (prima parte)





Intervistare la nostra Dirigente, Paola Di Renzo, è stato uno dei primi obiettivi che ci siamo posti dalla “nascita” del blog.
Quando venerdì 13 maggio ne abbiamo avuto la possibilità, quasi non ci sembrava vero. Al di là di ogni scaramanzia che la data porta con sè, abbiamo vissuto una bella esperienza che ci ha dato la possibilità di conoscere meglio la nostra DS e di scoprirne lati nuovi ed affascinanti.
A volte le persone che occupano posti importanti vestono la maschera dell’austerità e distanza che il ruolo porta con sé, invece la nostra Dirigente ci ha dimostrato che mettersi in gioco e accettare di confrontarsi anche con noi alunni non intacca il proprio valore, ma ne aumenta la stima e la professionalità.
Di seguito pubblichiamo parte dell’intervista fatta; pubblicheremo la parte restante fra qualche giorno.
Abbiamo preso questa decisione perché riteniamo importanti e significative le cose dette e degne di una pausa di riflessione...


La prima domanda la pone Martina:
Quale mestiere voleva fare da bambina? Il suo sogno si è realizzato?

Il mio sogno si è realizzato pienamente, anche perché fin da bambina ho respirato aria di scuola: mia madre è stata un’insegnante per oltre trent'anni, poi è morta presto e quindi non ha completato la sua carriera, ma trentasette anni di servizio li ha vissuti, e anche le mie zie sono state tutte insegnanti per cui io, il mondo della scuola, l’ho sempre respirato.
La cosa straordinaria della mia vita è stata che la vita professionale si è sempre intrecciata con la vita affettiva, perché il caso ha voluto che il mio primo incarico di dirigenza, nel 2007, fosse proprio nella scuola dove mia madre aveva insegnato per trent'anni. Lì sono tornata da Preside, ma io preferisco Dirigente Scolastico...
Mia madre, essendo insegnante, tornava a scuola il pomeriggio per le riunioni e mi portava con sé, e io trascorrevo tutto il tempo a giocare nel giardino della scuola di via Lanciano.
Allora la scuola elementare del centro era “Via Lanciano” e specialmente in primavera mi divertivo a giocare con le foglie avventizie dei tigli, dove si annidavano tante coccinelle, che adesso si vedono sempre meno.
Mi ricordo che mi divertivo a raccogliere dentro una scatoletta, tipo quella dei formaggini, le coccinelle; facevo dei fori così che potessero respirare, perché le volevo osservare, proprio per la mia passione per le scienze. 
Nella mia vita mi sono trovata davanti a un bivio dove dovevo scegliere un percorso di studio, da una parte il desiderio inesprimibile di conoscere il mondo e  quindi di imparare tante lingue e dall’altra la passione per le scienze e la medicina. A un certo punto mi sono trovata a dover decidere tra lo studio delle lingue e quello delle scienze, e quindi per un po' ho pensato anche di iscrivermi alla Facoltà di Biologia o di Medicina, poi, in realtà, ho optato per la Facoltà di Lingue e ho sempre pensato che la mia vita fosse nella scuola.
Ho insegnato per diciassette anni, dopodiché sono stata animata dal desiderio folle e ambizioso di poter realizzare il sogno di una scuola come la immaginavo, per poterlo fare l’unico modo era quello di diventare Preside, per poter organizzare la scuola così come volevo io.
Quindi il mio sogno si è realizzato.


Alessandro pone la seconda domanda:
Sono venuto due volte in pochi giorni, una volta per portarle i trofei dei campionati studenteschi di corsa campestre, una volta per dei problemi che si sono verificati in classe ed in entrambe le occasioni lei mi ha detto “di non essere solo campioni nello sport ma anche nella vita”. Per lei essere “campione nella vita” cosa significa?

Io penso che si arrivi a un punto in cui bisogna fare una scelta, io questa scelta l’ho fatta e cioè se lavorare per fare del bene all’Umanità, per servire gli altri oppure se far prevalere l’egoismo e la spregiudicatezza, realizzare un’ambizione magari calpestando il diritto e il bisogno di un altro.
Una scelta radicale da fare, perché se si decide di fare del bene si deve lavorare mettendosi al servizio dell’altro, quindi una logica di aiuto, correttezza, di produzione del bene, se invece si decide di delinquere tutti hanno l’intelligenza di delinquere, imbrogliare o far del male.
Ad esempio, se la scuola compra una penna a uso della segreteria e io questa penna anziché usarla a scuola la prendo, la metto nella borsa e la porto a casa, cosa sto facendo?  Sto utilizzando un bene comune a mio vantaggio, questo è un atteggiamento scorretto.
Bisogna prendere una decisione radicale, io ho scelto la strada di voler migliorare il mondo e quindi essere “campioni nella vita”.
Secondo me vuol dire dare in ogni campo il meglio possibile di se stessi, qualsiasi lavoro si decida di fare. Ogni lavoro è sicuramente degno del massimo onore e del massimo rispetto, anche quelli che sembrano più umili.
Ognuno di noi dovrebbe sforzarsi di dare in qualsiasi campo il meglio possibile di se stessi, forzando anche, in qualche modo quelli che potrebbero essere i desideri di fuga, perché un momento di stanchezza c’è per tutti.
Anche io a volte mi scoraggio, ma mettendo un po' di buona volontà e cercando il meglio possibile di se stessi, secondo me, si è “campioni nella vita” quindi il meglio possibile come mamma, come moglie, come amica, come cittadina, come studentessa, il meglio possibile come Preside; poi, è chiaro, davanti a limiti oggettivi, quello che non si è in grado di fare, si deve avere anche il coraggio di ammettere di non saperlo fare.
Noi abbiamo anche l’intelligenza di imparare, perché il cervello è una macchina prodigiosa, l’avete scritto anche voi nel vostro blog. Il cervello è stato dimostrato che funziona a un regime molto ridotto rispetto a quelle che sono le sue potenzialità, perché  poi ci sarebbe da fare anche un altro discorso, un conto è il cervello come organo, un conto è la mente.
Noi abbiamo un hardware che è il cervello, e il software che è la mente ed essa è potentissima, e dunque questo significa che quello che noi non sappiamo fare lo possiamo imparare, non c'è niente che noi non possiamo imparare, dipende solo dalla nostra volontà.


Qui terminiamo la prima parte dell’intervista, rinnovando i nostri ringraziamenti alla Dirigente per aver accettato di regalarci un po' del suo tempo!

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